È morto assassinato Adil Belakhdim durante uno sciopero , non lottava per fare il capetto o il burocrate di qualche sindacato ma per tutti gli sfruttati, contro ogni sfruttamento, contro l’inferno del precariato.
Impareremo tutto quel che c’è da imparare dalla tua morte.
Noi non ti dimenticheremo, sei uno dei nostri.
Tutti per uno uno per tutti!
Segnaliamo un articolo che racconta la lotta dei lavoratori della logistica contro l’inferno dello sfruttamento.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/18/logistica-per-cosa-lottano-i-si-cobas-nei-magazzini-in-cui-siamo-piu-forti-gli-stipendi-sono-raddoppiati-in-pochi-anni-e-piu-diritti/6234437/
Non concordiamo con la parte conclusiva dell’articolo perché furbesca e opportunista:
La politica non è immobile, è attiva e complice nel riprodurre lo status quo dei più forti.
Ammetto che in un primo momento ho pensato “non è possibile che nel ventunesimo secolo si possa ancora morire lottando contro lo sfruttamento”; dopotutto il progresso della storia umana dovrebbe averci ormai fatto acquisire una volta per tutte i diritti fondamentali.
In un secolo in cui la tecnologia ha permesso di mappare il genoma umano, in cui la democrazia costituisce formalmente il cardine di tutti i governi occidentali, in cui le libertà personali vengono difese a spada tratta, in cui la dignità è stata inserita nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea…; in un secolo come questo, come può essere possibile morire per rivendicare una vita degna?
Si tratta, a ben vedere, di uno stupore ingenuo: i progressi ottenuti non hanno fatto sì che la condizione degli sfruttati divenisse oggi un’eccezione, che i contratti da fame fossero un’irregolarità, che l’affarismo e la speculazione a danni degli ultimi fossero crimini legalmente riconosciuti, perseguitati e puniti.
Se così fosse la lotta dei Sì Cobas non avrebbe ragione d’essere e la morte di Adil Belakhdim non sarebbe avvenuta.
E tuttavia se una tragedia come questa non può oggi stupire, dovremmo però forse trovarla strana. In un secolo in cui, nonostante i “progressi” fatti, l’ingiustizia sociale è divenuta una regola, una delle nostre speranze risiede nel non motivarla più: ci starà allora davanti, come nostro compito, il lottare perché essa divenga realmente un’eccezione.
Non dimenticherò Adil.
Grazie all’esempio di tutti coloro che si battono in nome di una vita degna.
Grazie Sancho Panza Grazie! Un abbraccio!