APPOGGIAMO LA GIUSTA LOTTA DEI LAVORATORI DEL COORDINAMENTO LAVORO PORFIDO DELLA VALLE DI CEMBRA (TRENTO)

APPOGGIAMO LA GIUSTA LOTTA DEI LAVORATORI DEL COORDINAMENTO LAVORO PORFIDO DELLA VALLE DI CEMBRA (TRENTO)

Sintesi di un articolo sull’Adige di oggi e di alcuni articoli su Questo Trentino di un lavoratore molto coraggioso e bene informato.

Il Coordinamento si oppone all’archiviazione della denuncia che aveva depositato contro una fusione di imprese nelle cave di porfido che porta un ingiusto vantaggio per i padroni ai danni della collettività e dei lavoratori.

La lotta dei lavoratori del Coordinamento è stata determinante anche per l’inchiesta “Perfido” che sta portando a decine di arresti e di indagati con l’accusa di picchiare, minacciare, schiavizzare, pianificare aggressioni e assassinii ai danni dei lavoratori. Non solo, le indagini hanno svelato per la prima volta un’importante presenza mafiosa sul territorio trentino.

Un micidiale e chiaro esempio dell’intreccio complice fra mafia, politici locali e padroni delle cave di porfido il cui scopo è saccheggiare l’ambiente, massimizzare il profitto e riciclare denaro sporco sfruttando e umiliando i lavoratori, in particolare quelli stranieri, a cui vengono imposte condizioni di lavoro disumane. Si tratta infatti di persone con assoluta necessità di lavorare per mantenere il proprio permesso di soggiorno.

È una lunga storia.
Qui sotto riportiamo un nostro testo con cui abbiamo appoggiato la lotta dei lavoratori del porfido nel 1997. I vecchi e giovani di Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht sostengono la lotta di oggi come sostennero la lotta di ieri, per la giustizia e la dignità.

CHI LOTTA HA GIÀ VINTO LA PRIMA BATTAGLIA CONTRO LA DISPERAZIONE, LA PAURA E LA SUBALTERNITÀ.
UNITI SIAMO PIÙ FORTI

CONTROCULTURA: SPAZIO APERTO BE.BRECHT – TRENTO

AI CAVATORI DI PORFIDO. A proposito di CAVE E PIETRE – Trento, 18 dicembre 1997
Ci si interroga, ogni tanto, sulla vita delle pietre, su cosa pensano, se vogliono parlarci.
Difficile capire, difficile interloquire, loro così lente nel darci messaggi e noi così veloci. Forse è per questo che noi uomini, nel tentativo di instaurare rapporti, abbiamo voluto dar loro un’anima (paradossalmente s’intende) visto che si dice che noi siamo stati fatti dalla terra.
Abbiamo poi riempito il mondo e la nostra storia di simboli di pietra, di sogni fissati sulla roccia. Ad un
certo punto, uno di noi si è spinto tanto in avanti da rivolgersi, arrabbiato, direttamente alla pietra quando,
dandole una martellata, le disse: “perché non parli ?”. Peccato che Michelangelo non sia giunto fino alla nostra montagna ad interloquire con la pietra rossa e grigia chiamata Porfido. Probabilmente fu perché a quei tempi si riteneva che l’anima fosse linda e bianca come il marmo, o forse perché il lavoro e la fatica sulle erte sopra Carrara ricevevano sollievo dalla vista – mare (si ricava sollievo dalla vista dei ghiaioni dell’Avisio?)
Certo è che il Sommo Poeta, scendendo in Purgatorio, al terzo scalino mise piede su un gradino di porfido e lì rimase, lo scalino, per sempre!
Non poteva certo ambire a posti più in alto una pietra eruttata direttamente dalle viscere infuocate della terra.
Servì comunque bene il porfido il sogno dei mortali
Cercò di trasformare in giardino gli aspri dirupi della val di Cembra, coprì i tetti delle case, i pavimenti delle misere cucine e quelli degli antichi palazzi, le strade dei villaggi e delle città, fino a diventare altare, potente tramite dell’anima umana con Dio.
Molti di questi sassi furono anche santificati per la loro opera al fianco degli oppressi e si chiamarono SanPietrini. Perfino un Sommo Pontefice diede la sua benedizione su queste pietre ed ebbe parole di conforto per le vite faticose dei cavatori.
Quegli uomini sognavano un futuro di riscatto dalla povertà, mentre consumavano le loro vite, forse di solidarietà, forse ancora di rispetto per questa pietra. Così non è stato. Un potente tabù si è messo tra gli
uomini e la pietra. C’è chi lo chiama denaro, chi capitalismo, chi potere, chi –oggi- neoliberismo. La sua è una forza essenzialmente distruttrice, non rispetta né gli uomini né le pietre. Le pietre intanto hanno scelto il silenzio. Se noi passeggiamo per i lindi selciati di Trento, non ci parlano, riflettono solo il vociare di boriosi
amministratori e di avidi mercanti.
I pionieri di un tempo sono diventati abili navigatori nei mercati e nella finanza, la pietra merce, e gli uomini “spaccapietra” macchine per la produzione. Chi doveva difendere la vita e forse anche l’anima dei cavatori, dopo aver venduto la sua è diventato pure esso abile pilota, traghettatore di linea, per portare gli altri
verso mondi senza speranza e senza sogni.
Qualcuno però sogna ancora e, con molti altri, chiede oggi democrazia e giustizia. Non possiamo che essere con voi.

Dalle montagne del nord-est italiano, vi salutano e vi augurano Buon Natale
gli “Amici del Chiapas di Trento”
Trento, 18 dicembre 1997

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