Se una religione dichiara di preoccuparsi dell’anima degli uomini senza manifestare altrettanta preoccupazione per i quartieri degradati che li portano alla dannazione, per le condizioni economiche che li strangolano, per le condizioni sociali che li paralizzano, quella religione è miserabile e complice.
Don Tonino Bello nella lettera di auguri alla diocesi per il Natale del 1985 scrive: “Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo strumento delle vostre scalate”
“La carriera. Questa viscida idolatria degli arrampicatori sociali, dinanzi al cui altare tanta gente offre olocausti”.
Don Tonino, Antonio Bello, fu vescovo di Molfetta. Egli vedeva che il culto del successo era il motore morale di un’economia mostruosa, che degrada i poveri, coloro che non ce la fanno, riducendoli a sottouomini:
“L’economia disumana, l’esasperazione dei parametri economici ridotti al criterio supremo dell’umana convivenza, le logiche di guerra che dai campi di battaglia hanno traslocato sui tavoli di un’economia che penalizza i poveri, il dominio assoluto della logica del profitto che partorisce l’esodo di milioni di dannati della terra”.
**Dannati della terra, come intitolava Franz Fanon il suo ormai famoso saggio.
La cultura della meritocrazia è la serva zelante dei profitti dei milionari “no future”:
Il povero è considerato un demeritevole e quindi un colpevole. E se la povertà è colpa del povero, i ricchi possono continuare ad ingrassare tranquillamente sfruttando il lavoro dei poveri senza che questi ultimi si ribellino.
Noi lavoriamo per la ribellione di noi sfruttate e sfruttati, perché l’asino infine si muti in leon.
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