GENOVA 2001 – 20 ANNI FA – C’ERAVAMO
Per una storia della lotta contro il neoliberismo utile a far vivere culturalmente e socialmente un altro mondo possibile
O LA STORIA È MEMORIA UTILE OGGI NELLA LOTTA PER UN FUTURO MIGLIORE O È UNA STERILE CELEBRAZIONE DEL PASSATO
Un documento degli Amici del Chiapas di Trento, valorosi antenati di Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht
PROPOSTA AI DISOBBEDIENTI DEL NORD EST IN PREPARAZIONE DELLA MANIFESTAZIONE DI GENOVA DEL LUGLIO 2001
Care sorelle e fratelli, rispondiamo, ci rendiamo conto non certo con una modesta proposta, al vostro appello.
Siamo entusiasti della vostra dichiarazione di guerra, per il suo carattere simbolico-rivelativo ci è sembrata un’uscita nella migliore tradizione zapatista. La guerra c’è, va dichiarata la sua esistenza e nominate le forze in campo, la contraddizione va rappresentata ed espressa.
Riteniamo invece poco appropriato in termini simbolici, cioè in termini di creazione di una dimensione culturale-politica antagonista, la vostra scelta di penetrare concretamente nella zona rossa. La zona rossa non ha nulla di concreto per noi, è solo la sfida che la logica del potere cerca di imporci per poter sopravvivere impunita.
A noi sembra che ci si debba sottrarre al tentativo del potere di nascondere la sua violenza attraverso lo stratagemma riduzionista di uno scontro sul piano concreto.
Infatti lo sviluppo e il perfezionamento che vi ha fatto passare dagli scolapasta ai caschi veri noi l’accogliamo come un segno di debolezza della visione. Lo scarto di identità sfuma inesorabilmente, cioè non è più ben rappresentato.
Per questo proponiamo quella che a noi sembra una mossa spiazzante e capace di intense rivelazioni. Proponiamo che siano i corpi nudi ad essere dipinti di bianco, eventualmente con dei disegni “artistici”. Un bianco che copre una nudità non naturalistica. Che riveli visivamente la inconciliabilità della visione del potere a cui i due mondi opposti si rifanno.
Quindi la solita formazione, ma di donne e uomini coperti di bianco, andando a un linea contro linea che immediatamente manifesti alle moltitudini la natura dei soggetti che si oppongono.
La nostra fantasia ci aggiungeva dei bassotuba lucentissimi, soffio e musica del sol dell’avvenire che lì si manifesta.
Si potrebbero dire tante cose, teatro politico che rimetterebbe in estrema difficoltà i nostri avversari, per così dire rivelandone apertamente la vera natura e, per contro, il genere di visione che ci ispira. Noi pensiamo di proporre questo genere di iniziativa alla Rete Lilliput del Trentino in occasione di una serie di manifestazioni preparatorie che si terranno tra il 15 giugno e il 15 luglio.
A noi sembra che da un punto di vista della nostra politica l’effetto complessivo sia oltremodo ricco di frutti, saporiti a noi e indigestissimi all’avversario. Certo è rischioso ma è molto più rischioso per loro, a condizione che noi possiamo disporre delle nostre immagini, cioè che tutto ciò che accade venga ripreso da noi in modo adeguato.
Noi crediamo che le vostre capacità organizzative siano grandi e che siate in grado di realizzare un atto politico del genere. Certo capiamo che la difficoltà potrebbe essere quella di cogliere come ingerenza nel vostro percorso questa nostra immodesta proposta. Saremmo felicissimi di parlare direttamente con voi e soprattutto di fare un’esperienza comune qui in Trentino, la terra di Frattini!
Trento, giugno 2001
P.S. In questo caso abbiamo fatto un’eccezione alla regola perché l’eccezione è necessaria alla buona regola.
Controcultura: Spazio aperto Be.Brecht – Trento
“A noi sembra che ci si debba sottrarre al tentativo del potere di nascondere la sua violenza attraverso lo stratagemma riduzionista di uno scontro sul piano concreto”. Ahimè, Cassandra, c’avevi azzeccato ancora. Da allora, quando la pubblicistica parla di Genova, ricorda Carlo Giuliani, la scuola Diaz e la caserma Bolzaneto. Questa memoria, giustissima in sé (lo sottolineo: giustissima in sé), ha però finito per dirottare la lotta contro il Capitale mondiale a lotta contro le sue incarnazioni statali; ha finito per egemonizzare il ricordo, lasciando nel dimenticatoio quello per cui si lottava in quella drammatica estate di vent’anni fa: la convinzione che un altro mondo fosse e dovesse essere possibile. Recuperare con la prassi quella diversità, quella inconciliabilità con la visione del potere è oggi, forse più di allora, indispensabile (anche in nome di una vera giustizia per Giuliani, per i seviziati della Diaz, di Bolzaneto, e per tutti gli oppressi)!