JEAN PAUL SARTRE, UNO DEI NOSTRI. PUNTATA 2
Nel 1952 di fronte al durissimo scontro di classe tra borghesia capitalista e proletariato di fabbrica in Francia, nel contesto internazionale della “Guerra fredda” tra USA e URSS, e di fronte ad odiose misure antiproletarie del governo francese, Sartre si accorge che la sua idea di Terza forza fra destra e comunisti, e di equidistanza tra USA e URSS, è un sogno disancorato dalla realtà.
Sarte abbandona l’inerte vagheggiamento di un bene perfetto ma astratto e prende posizione nella concretezza della vita. Egli per quel fortissimo sentimento etico che gli è intimamente connaturato, sceglie di stare dalla parte del proletariato, che lotta per non soggiacere alla disciplina vessatoria di lavoro, ai bassi salari ed alla disoccupazione che i capitalisti vorrebbero imporgli.
Ma il proletariato è all’epoca rappresentato politicamente dal partito comunista francese, che a sua volta ha come suo punto di riferimento politico internazionale l’URSS di Stalin. Sarte sceglie allora di schierarsi con il Partito comunista francese, che non gli piace, e con L’URSS di Stalin che gli piace ancora di meno.
La sua scelta una volta fatta passa sopra ad ogni riserva personale. Anche se non comunista, ma, come lui stesso si dice, “compagno di strada” dei comunisti, Sarte accetta di svolgere questo ruolo con assoluta fedeltà. In questo modo non fa che vivere la sua filosofia, secondo la quale l’uomo sceglie liberamente sempre e soltanto ruoli che il mondo ha costruito per lui, ma dei quali egli porta comunque intera e personale la responsabilità.
Nel 1956 Sarte tuttavia rompe con il Partito comunista francese dopo una dura polemica sui fatti di Ungheria.
Negli anni immediatamente successivi la sua figura diventa un punto di riferimento morale per una nuova generazione studentesca, che dà vita a grandi manifestazioni di protesta contro le atrocità commesse dalle truppe di occupazione francese in Algeria, allora colonia della Francia.
Sartre non solo è sempre in prima fila in queste manifestazioni, ma impegna anche tempo, energie, e gran parte del cospicuo patrimonio ottenuto con l’enorme successo delle sue opere letterarie e teatrali, per sostenere la causa del popolo algerino, e dare rifugio e sostegno ai soldati francesi che disertano la guerra di oppressione. La sua celebrità gli consente di far ascoltare al mondo la sua voce indignata di denuncia contro le bestiali pratiche di tortura usate dai paracadutisti francesi sui prigionieri algerini.
Anche se nessuno dei partiti politici della Francia del tempo lo aiuta nella sua battaglia di civiltà, perché tutti vogliono che la Francia non perda l’Algeria, egli ha dalla sua parte tanti giovani entusiasti, con i quali sperimenta inedite forme di impegno politico, basate sul coinvolgimento morale delle persone, sulla loro reciproca solidarietà, e su obiettivi fortemente condivisi.
«Se noi affermassimo che gli uomini sono fiacchi, deboli, vili o malvagi a causa di mali ereditari, in virtù di un determinismo organico o psicologico, la gente sarebbe rassicurata e direbbe: ecco, noi siamo così, nessuno può farci niente. Ma quando noi descriviamo un vile diciamo che è tale non per il fatto che ha un cuore o un cervello vile: è così perché coi suoi atti si è dato la forma di vile.
La gente vuole che si nasca o vili o eroi: se nascete vili, sarete del tutto tranquilli, voi non ne avete alcuna colpa, sarete vili per tutta la vita, qualunque cosa facciate; se nascete eroi sarete pure del tutto tranquilli, sarete eroi per tutta la vita, berrete come un eroe, mangerete come un eroe. Noi, invece, diciamo che il vile si fa vile, che l’eroe si fa eroe; c’è sempre una possibilità per il vile di non essere più vile e per l’eroe di cessare d’essere un eroe. Quello che conta è l’impegno totale, e non sono un caso particolare, un’azione particolare a impegnarvi totalmente.
L’uomo non è altro che ciò che si fa, è la somma delle sue azioni».
J. P. Sartre
ben citato vecchio Sancho, si capisce che ti tocca di insegnargli tutto a Don Chisciotte
“E quando diciamo che l’uomo è responsabile di se stesso, non intendiamo che l’uomo sia responsabile della sua stretta individualità, ma che egli è responsabile di tutti gli uomini. Quando diciamo che l’uomo si sceglie intendiamo che ciascuno di noi si sceglie, ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie per tutti gli uomini. Infatti, non c’è uno dei nostri atti che, creando l’uomo che vogliamo essere, non crei nello stesso tempo una immagine dell’uomo che noi crediamo debba essere. Cosi sono responsabile per tutti e creo una certa immagine dell’uomo che scelgo; scegliendomi io scelgo l’uomo.” J.P.Sartre
Hai fatto bene a ricordarlo, grazie!