Il nostro contributo alla manifestazione del 2 marzo a Trento
Oggi partecipiamo al corteo organizzato in solidarietà alle condannate e ai condannati per la manifestazione contro la costruzione di un muro anti-migranti al Brennero nel 2016. Una lotta degna e necessaria per i diritti umani, soprattutto dei più deboli, per le nostre sorelle e fratelli migranti, condizione di un’umanità sofferente e in cerca di futuro e speranza. Una storia che il nostro popolo dovrebbe ben conoscere.
Anche la popolazione di Gaza è imprigionata dietro muri e fili spinati da decenni e ora subisce un orrendo genocidio ad opera del governo e dell’esercito israeliani.
La manifestazione è allo stesso tempo una denuncia di questo genocidio, un rinnovato atto di solidarietà al popolo palestinese.
Ogni bambino palestinese ucciso è uno schiaffo alla nostra coscienza, alla nostra indifferenza, al nostro pensare ai piccoli e meschini fatti nostri, ai nostri sentimenti che possono diventare grandi sentimenti se reagiamo “al così è e non c’è niente da fare”, se iniziamo a parlare con gli altri, se iniziamo ad impegnarci in prima persona, a scendere in piazza, a unirci alle iniziative di solidarietà. Oltre all’indifferenza c’è una certa ottusità. Quello che i bombardamenti israeliani stanno facendo ai bambini di Gaza potrebbe succedere anche qua se lasciamo che i nostri governi proseguano indisturbati la corsa al riarmo e la complicità con le guerre di dominio.
Pochi giorni fa, nel carcere di Venezia, un ragazzo di 23 anni in stato di angoscia e agitazione chiede di telefonare alla madre e viene pestato a sangue da parte degli agenti penitenziari. Questo si chiama sopraffazione del più debole, vile abuso di potere, ferocia degna delle SS. Una negazione e un pestaggio del genere sono figli della viltà e del sadismo, inammissibili in agenti di uno stato che si definisce “democratico”.
In queste realtà carcerarie rischiano di finire alcuni manifestanti che nel 2016 protestarono contro la costruzione di un muro anti-migranti al Brennero.
Si va delineando un quadro repressivo che ci riporta agli anni più bui della nostra storia (pensiamo anche ai pestaggi contro le pacifiche manifestazioni studentesche per la Palestina): un cupo intreccio di capitale finanziario, forze sociali reazionarie e di una cultura e di un’ideologia che mettono al primo posto terra, sangue, dominio del più forte sul più debole, necessità della guerra fra potenze, il macello dei popoli di qualsiasi bandiera, il profitto dei milionari di qualsiasi bandiera.
Scendere in piazza è anche un esercizio di memoria necessario alle lotte presenti e future. Senza le lotte contro l’oppressione non sarebbe mai stata possibile la liberazione dal nazifascismo, la conquista di fondamentali diritti sociali e civili, e non sarà possibile un futuro degno. Un futuro di giustizia sociale e ambientale per tutti noi che stiamo in basso, la grande maggioranza, in tutti i continenti.
Solidarietà con le sorelle e i fratelli che per aver lottato per questo futuro subiscono una repressione ingiusta.
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