Le guerre sono sempre state sempre il mezzo per accumulare ricchezze a danno dei paesi sconfitti, e per fare profitto con la loro ricostruzione, ma anche a danno dei paesi vincitori, delle loro classi più povere che pagano la guerra con le loro condizioni di vita materiali.
Secondo l’Istat, nel 2023 le famiglie italiane in povertà assoluta sono pari a 5,7 milioni di individui, in continua crescita rispetto al 2022. Tra questi 1,3 milioni sono minori: si tratta del dato più alto della serie storica degli ultimi dieci anni. Per famiglie in povertà assoluta si intendono quelle non in grado di sostenere le spese essenziali per condurre una vita dignitosa e accettabile e il peggioramento riguarda in particolare le famiglie che hanno come persona di riferimento un lavoratore dipendente.
Una delle principali cause dell’aumento della povertà è stato l’alto livello d’inflazione che ha fatto aumentare le spese a carico delle famiglie: nel 2023 la spesa media mensile delle famiglie italiane è aumentata di ben 100 euro al mese.
Ma tale crescita è esclusivamente l’effetto del carovita, perché in termini reali la spesa media si è ridotta: ossia tutti i giorni spendiamo di più per acquistare di meno a causa del caro prezzi. L’inflazione è stata provocata in particolare dal caro energetico e dalla speculazione delle aziende che hanno sfruttato lo scoppio delle guerre per gonfiare, come avidi sciacalli, i prezzi. Scrive Moody’s, un agenzia di rating americana: la corsa al riarmo, volta a raggiungere almeno il 2% del PIL in spese militari come richiesto dalla NATO farebbe schizzare verso l’alto il debito pubblico italiano, condannando la Penisola ad aumentare le tasse o a tagliare ulteriormente i fondi per lo stato sociale (e quindi all’austerity).
La spesa per il settore militare in Italia è infatti costantemente aumentata e nel 2022 la Camera dei Deputati ha approvato il cosiddetto “Decreto Ucraina”, impegnando il Governo a raggiungere la soglia del 2% del PIL per passare dai circa 25 miliardi di euro l’anno di oggi (68 milioni al giorno) destinati alle spese militari ai previsti 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno).
Tutto questo avrebbe bisogno di barche corsare capaci di invertire la rotta per uscire dalle acque che puzzano di sangue e sfruttamento e invece abbiamo fascio-leghisti al potere che fanno solo gli interessi della Santa Trinità del Neoliberismo, capitalisti, forze dell’ordine e Nato, ed una sinistra identica, traditrice e fatta di canaglie da salotto.
Chi paga la guerra è chiaro. Chi fa profitto dalla guerra? Leonardo, società attiva nei settori della difesa, ha chiuso il 2023 con risultati record, registrando ordini e fatturato sopra le previsioni, a 17,9 miliardi di euro e ricavi per un ammontare di 15,3 miliardi. Il valore delle azioni dell’azienda ha preso il volo, in particolare, dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina e, successivamente, quello in Medio Oriente. Ecco dove sta il vero “Made in Italy”: a Gaza. Il tenente colonnello Steven, ufficiale della terza flotta della Marina Militare israeliana, ha dichiarato che i missili che stanno colpendo la Striscia provengono anche da cannoni fabbricati in Italia e venduti a Tel Aviv. Se il 23 febbraio 2022 le azioni di Leonardo valevano 6,4 euro, solo due giorni dopo il valore è salito a 9 euro; se il 6 ottobre 2023 valevano già quasi 13 euro, il 12 ottobre valevano 14,31 euro.
Tradotto vuol dire che l’imposizione della Nato della soglia minima del 2% del PIL in armamenti, sono miliardi sottratti alla sanità pubblica, alla scuola pubblica, all’ambiente, al diritto alla casa e a un lavoro dignitoso a vantaggio del profitto dei soliti noti grandi capitalisti. E questa è guerra economica sferrata dall’alto verso il basso!
A proposito di questo: recentemente la casa automobilistica nostrana Stellantis, ha elargito al suo manager Carlos Tavares, per l’anno 2023 una retribuzione pari a 36,5 milioni di euro. Un compenso che un operaio della stessa azienda metterebbe insieme in più di mille anni di lavoro. Come se i risultati di questa azienda dipendessero dai suoi manager bocconiani e non dal prezzo pagato dai suoi lavoratori sfruttati, visto che quel profitto è dovuto proprio ai salari da fame, a delocalizzare la produzione in Paesi a minor costo di manodopera, a ridurre al minimo il numero di operai attraverso l’automazione e il ricorso a turni di lavoro massacranti. Infatti Stellantis ha lasciato a casa 3.793 operai dal 2021 ad oggi. Alla faccia dei buoni risultati! Ottenuti anche grazie ai servi di governo, di tutti i colori, proni al profitto, al capitale, all’oligarchia imprenditoriale e bancaria, che tentano il colpo di trattare la classe lavoratrice come una colonia da saccheggiare.
Per intenderci: le ingiustizie sociali sono guerra!
E se sei disoccupato? E’colpa tua, è colpa tua e la devi pagare con la perdita di dignità: sei obbligato ad accettare qualsiasi proposta di lavoro, di salario da fame, devi essere disponibile a spostarti fino a 80 km da casa, e persino entro il territorio nazionale, pena la perdita del mini assegno di indennità.
C’è infatti anche una guerra culturale in atto. L’imperativo morale della società improntata al darwinismo sociale è l’adattabilità alle peggiori condizioni materiali e immateriali e chi non ci riesce è inadeguato.
Siamo imprenditori di noi stessi, ci viene detto e il risultato è che la società della prestazione è una società dell’autosfruttamento. Alla costrizione esterna subentra un autocostrizione, molto più efficiente e produttiva, che si spaccia per libertà e produce, sulla nostra pelle senso di inadeguatezza, burn-out e collera esasperata dalla competizione. Ma siamo imprenditori di noi stessi, e ci è concessa la libertà di obbedire. Sempre che tu non muoia prima di infarto, tra i binari della ferrovia, sotto al crollo di un ponteggio, intrappolato dalle macchine industriali.
Oggi mi sembra doveroso ricordare che anche gli omicidi sul lavoro sono guerra.
Lo sfruttamento e la guerra non sono insite nell’uomo, come vogliono farci credere i nuovi maitre a penser del neoliberismo. Lo sfruttamento e la guerra sono insite nel capitalismo. E il capitalismo non morrà di morte naturale ma tocca a noi sovvertirlo perché noi siamo il destino di noi stessi, perché come scriveva Brecht, il destino dell’uomo è l’uomo.