INTERVENTO ALLA MANIFESTAZIONE PER LA PALESTINA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DELLA MEMORIA

Quello che sta compiendo l’esercito israeliano nella Striscia di Gaza è un vero e proprio genocidio, l’ha detto in questi giorni perfino il professore di Storia dell’Olocausto all’università ebraica di Gerusalemme, Amos Goldberg.

Un ruolo centrale di questo genocidio è svolto da quello che viene definito uno “scolasticidio”.

Come dicono le/i palestinesi “l’istruzione è un pilastro vitale della nostra esistenza e un segnale di speranza per il popolo palestinese”.

Per questo l’esercito israeliano si accanisce con aggressioni sistematiche contro le strutture scolastiche di Gaza e contro chi le vive.

Ecco alcuni dati:

Ad oggi più di venticinquemila bambine/i palestinesi in età scolare sono stati uccisi dall’esercito israeliano nella Striscia di Gaza.

Le/gli insegnanti ammazzati dall’inizio del genocidio sono almeno 750.

Circa il 90 % delle 307 strutture scolastiche pubbliche e tutte le dodici università della Striscia di Gaza sono state danneggiate o distrutte dai bombardamenti israeliani.

(Dati di Education Cluster, un’alleanza di organizzazioni umanitarie guidata da Unicef e Save the Children, non certo organizzazioni estremistiche)

625.000. È il numero di bambine e bambini che per il secondo anno di seguito non hanno cominciato la scuola nella Striscia di Gaza. Quarantacinquemila sono quelli che, secondo l’Unicef, avrebbero dovuto entrare in prima elementare.

Una storia per tutte, quella della piccola Hind Rajab, intrappolata assieme ai suoi familiari uccisi in un auto bombardata da un carroarmato israeliano. Rimasta sola per ore al telefono con i paramedici che tentavano di raggiungerla, uccisi anch’essi, la bambina è stata trovata morta nell’auto qualche giorno dopo.

Fra le/i bambine/i, le/gli adolescenti, le/i giovani che hanno avuto la fortuna di sopravvivere, invece di andare a scuola si svegliano nei loro alloggi di fortuna e si mettono in fila per ricevere un po’ d’acqua, o vagano per le strade in cerca di qualcosa da mangiare. La maggior parte di loro è sfollata e vive nelle tende o in edifici sovraffollati dove molte famiglie condividono spazi angusti e privi di servizi di base. Moltissime/i sono rimaste/i orfane/i.

Nella Striscia di Gaza, prima dell’inizio dell’offensiva israeliana, il tasso di alfabetizzazione era vicino al 98 %.

Come per tutti i popoli, gli spazi dedicati all’educazione hanno sempre avuto la funzione di tenere in vita la storia e la cultura palestinesi, di preservare i legami tra le persone costrette a vivere separate a causa dell’occupazione israeliana, di preservare i legami tra loro e le terre che gli sono state sottratte a partire dalla Nakba.

Ricordiamoci che in molti filmati girati dai telefonini dei soldati e delle soldatesse israeliane mentre fanno saltare in aria interi palazzi palestinesi si sente spesso esclamare: “Di loro non rimarrà neanche il ricordo”.

Contro questo orrore ancora oggi studiare è considerato un atto di resistenza, di Sumud, in Palestina.

Come dice uno studente palestinese: “so che ogni riga che scrivo e ogni giorno impegnato a studiare è un atto di sfida alla distruzione che mi circonda”.

Le università della Striscia di Gaza sono già state costruite una volta a partire dalle tende. Lo saranno ancora, per garantire un futuro alle prossime generazioni.

Ogni anno in occasione della Giornata della Memoria nelle scuole italiane si riflette affinché l’orrore non avvenga “mai più”. Si insegna come l’indifferenza così come le collaborazioni abbiano contribuito a renderlo possibile. Si insegnano la solidarietà, la lotta al razzismo e tutti quei valori che vengono proposti sotto il nome di “educazione alla cittadinanza”.

Ma allora come si può stare in silenzio difronte a un genocidio in diretta social? Difronte a tutte/i quelle/quei bambine/i e ragazze/i, quelle/quegli insegnanti ammazzate/i a Gaza e in Cisgiordania?

Come insegnanti, attive/i o pensionate/i che siano, che hanno a cuore l’educazione delle/dei nostre/i studentesse e studenti, che hanno a cuore la dimensione storica sotto attacco nella nostra società, che hanno a cuore il possibile ruolo di educazione morale alla liberazione e alla giustizia sociale e ambientale da parte della scuola, non possiamo rimanere in silenzio. Per questo è giusto scendere in piazza con uno striscione “insegnanti per la Palestina” alla manifestazione del 25 gennaio a Trento contro il genocidio.

Grazie a tutte/i le studentesse e gli studenti che in questi mesi si sono battuti a fianco del popolo palestinese e sono state/i esemplari, studentesse/i maestre/i per tutte/i quanti noi.

Unite/i si può vincere. Essere unite/i è già una vittoria.

Palestina libera.

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