«Stavano cercando di lasciare la loro casa alla ricerca di cibo nelle vicinanze del quartiere» ha detto Hani Mahmoud di Al Jazeera sulle tre persone uccise da un drone israeliano qualche giorno fa, nel campo profughi di Jabaliya, a nord della Striscia di Gaza. Quella che chiamavano «casa» è una delle tante scuole che ospitano le famiglie sfollate, dopo mesi che i bambini gazawi non siedono più dietro i banchi. Sotto assedio da 65 giorni, a Jabaliya si muore anche di fame e di sete, da quando a migliaia di palestinesi è negato l’accesso alle scorte di cibo e acqua.
Salendo ancora verso nord, a Beit Lahiya, il responsabile dell’ospedale Kamal Adwan avverte che un centinaio di pazienti sono in pericolo di vita, dopo l’interruzione della corrente elettrica lo scorso sabato. Sei in terapia intensiva, 14 i bambini. «L’accesso alle sale operatorie sarà possibile solo dopo aver ripristinato la fornitura di elettricità e ossigeno», ha proseguito, ma i continui attacchi dell’Idf «impediscono di effettuare le riparazioni». Domenica le forze israeliane si sono collocate a circa 500 metri dal cancello dell’ospedale e hanno allestito una postazione di cecchini che continuano a colpire le persone e qualsiasi oggetto in movimento. Anche i cieli del Kamal Adwan sono sorvegliati da droni e quadricotteri.
Qualche giorno fa i parenti sopravvissuti all’attacco del giorno precedente nel campo profughi di Al-Bureij si sono recati all’ospedale Al-Aqsa di Deir al-Balah per riconoscere i corpi dei familiari. Almeno 11 le vittime, colpite nel sonno e senza alcun preavviso di evacuazione dell’edificio, raso completamente al suolo. Abu Azzoum, corrispondente da Gaza, ha raccontato che l’obitorio dell’ospedale è ormai sovraffollato di corpi, e che nella parte centrale della Striscia non ci sono più bare disponibili. Al loro posto si utilizzano sacchi di farina vuoti.
E in fila per la farina, qualche giorno fa sono morte almeno 10 persone in un attacco alla città meridionale di Rafah, al confine egiziano. Scene di fame analoghe a quelle del nord sotto assedio si stanno verificando anche nel sud di Gaza, dove il passaggio degli aiuti umanitari attraverso il confine è sempre più limitato.
Il bilancio totale dei morti nella Striscia è di 44.758 palestinesi, il 70 percento donne e bambini.
Negli ultimi giorni il ministro degli esteri Antonio Tajani, commentando il recente rapporto di Amnesty International, ha tenuto a specificare – con indifferenza alle denunce da parte dei massimi organismi internazionali – che a Gaza «non si tratta di genocidio».
Miserabile, bugiardo e complice.
Tutt@ quell@ che nei mesi scorsi stentavano ad usare la parola genocidio sono invitati a riflettere con lucidità e onestà nella constatazione dei fatti, pena un’imperdonabile complicità.