Impegnamoci, denunciamo, lottiamo unit@ per fermare tutte le collaborazioni con questo orrore.
L’annessione a Israele è già realtà: confische record, mai così tanti ettari sottratti. E poi fondi ai coloni, nuove reti stradali e la modifica delle gerarchie: a gestire i Territori palestinesi occupati saranno i ministeri, come fosse terra israeliana. I casi di Al-Malha e al-Khas

A est di Betlemme, Al Malha conta 2mila abitanti, per lo più beduini e pastori, e ricade in Area B. Secondo la mappatura stabilita dagli Accordi di Oslo del 1993, è sotto il controllo civile palestinese e militare israeliano. Significa che spetta ai palestinesi gestirne lo sviluppo urbano.
Qualche mese fa il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich è giunto in missione ad Al Malha, scortato da centinaia di coloni, e ha dichiarato la zona «riserva naturale».
Da quassù si vede la colonia israeliana di Tuqoa a ovest, quella di Ma’ale Adumim a nord e il confine con la Giordania a est. È facile capire perché serva gli interessi israeliani: prendersi Al Malha significherebbe creare un corridoio palestinian-free nel sud della Cisgiordania occupata.
La riserva naturale è solo uno dei modi in cui Israele da decenni trasforma pezzi di Cisgiordania occupata in state land, togliendola ai legittimi proprietari. Ora però, si è battuto ogni record: solo nei primi sei mesi del 2024, denuncia l’ong israeliana Peace Now, l’Amministrazione civile ha dichiarato terra di stato 23.700 dunam, 2.370 ettari: 12.700 nella Valle del Giordano, 2.640 intorno alle colonie di Ma’ale Adumim e Keidar, altri 8mila nella zona adiacente, 170 a Herodium a est di Betlemme.
«23.700 dunam è un valore enorme, più grande di tutte le confische effettuate nei 25 anni precedenti combinati insieme», ci spiega l’ufficio stampa di Al Haq, la più nota organizzazione per i diritti umani palestinese, 45 anni di storia e una sede all’Onu di Ginevra.
«Come per altre violazioni del diritto internazionale, Israele tenta di dare una parvenza di legalità. Tra le altre, usa una sua interpretazione della legge ottomana di metà Ottocento: lo Stato può confiscare una terra se non viene coltivata per sette anni. In Cisgiordania è pieno di casi in cui la terra è resa inaccessibile, dal muro, le colonie, le zone militari, è una scappatoia che viola il diritto internazionale e, da ultimo, la sentenza di luglio della Corte internazionale di Giustizia sull’occupazione».
«Ma, dopotutto – continua Al Haq – i regimi di apartheid e di occupazione sono sempre stati puntellati dal sistema normativo interno».

LA COLONIZZAZIONE procede sotto varie forme. Dal 7 ottobre 2023 il governo Netanyahu ha istituito 43 nuovi outpost (piccoli insediamenti agricoli), anche questo un record, e cinque nuove colonie; ha legalizzato altri 70 outpost, fuori legge secondo la stessa legge israeliana, permettendogli di accedere ai finanziamenti dello stato; ha autorizzato la costruzione di 8.861 nuove unità abitative in colonie preesistenti; ha raddoppiato il budget del ministero delle colonie; ha stanziato 7 miliardi di shekel (1,85 miliardi di euro) per strade tra le colonie e 75 milioni per gli insediamenti illegali.
Per il resto si opera in maniera indiretta, con le violenze senza precedenti dei coloni che hanno già costretto 25 comunità beduine ad abbandonare le proprie terre e con 1.600 demolizioni di case e strutture palestinesi, lasciando 3.600 persone senzatetto.

«Questo non è il piano di Smotrich. È il piano dello Stato di Israele, un progetto coloniale fondato sull’annessione. I palestinesi sono solo una minaccia demografica, da ridurre in spazi sempre più piccoli con un’operazione di ingegneria e pulizia etnica. L’annessione è già realtà. Smotrich è solo più chiaro degli altri, lo dice ad alta voce».

A VOCE ALTA, l’ultima volta lo ha detto l’11 novembre, pochi giorni dopo la vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi: «2025: l’anno della sovranità su Giudea e Samaria», ha scritto su X utilizzando il nome con cui Israele identifica la Cisgiordania.
Dopotutto stava già scritto nelle linee guida che la coalizione di ultradestra aveva reso note a gennaio 2023 (ben prima del 7 ottobre): «Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile a tutte le aree della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà l’insediamento in tutte le parti, in Galilea, Negev, Golan, Giudea e Samaria».

Altrove si agisce con altri mezzi. Come le zone militari. Nel villaggio di Al-Khas lo hanno scoperto per caso, quando alcuni abitanti hanno chiesto al comune il permesso di aggiungere un piano alla propria casa. Non si può costruire perché ora mezzo villaggio è zona militare, la porzione che guarda al checkpoint di Har Homa, tra il nord di Betlemme e Gerusalemme.
«Al ministero delle amministrazioni locali dell’Anp mi hanno detto che per loro resta Area B, come dicono gli Accordi di Oslo. Il permesso di costruire possono pure rilasciarmelo, ma poi gli israeliani mi buttano giù la casa perché sono loro che decidono qua. Il mio permesso fantasma è come Abu Mazen che si dice presidente di uno stato che non c’è».