
Un po’ di storia del COLONIALISMO può chiarirci le idee sulle politiche del governo israeliano e dei suoi alleati, in primis il governo USA.
Alcuni esempi storici:

La riduzione della popolazione del Congo “dai 20-40 milioni del 1890 agli 8 milioni del 1911” a causa dell’oppressione coloniale perpetrata dal Belgio.

La spietata repressione attuata dall’esercito francese occupante nei confronti delle manifestazioni contro l’occupazione francese a Setif in Algeria portò a 45.000 uccisi.

La Rivolta del Madagascar contro il regime coloniale francese fu seguita da una feroce repressione che provocò 90.000 morti.

Ricordiamo le 200.000 vittime della repressione in Kenia ai danni della rivolta contro l’occupazione coloniale della Gran Bretagna.

. “I boeri cristiani” in Sud Africa consideravano “gli uomini della giungla e gli ottentotti come esseri che è lecito sterminare alla stregua di cacciagione del bosco.”

Tra 1904 e il 1907 gli herero insorgono in Africa contro la Germania imperiale. La repressione è spietata: “Non accoglierò più né donne né bambini, li respingerò al loro popolo o ordinerò il fuoco su di loro. Il generale von Trotha spiega che “la nazione in quanto tale dev’essere annientata”, per il fatto che essa non è più utilizzabile neppure come “materiale grezzo”.
L’espansione coloniale procede di pari passo con lo sterminio delle “razze inferiori” che non possono essere sfruttate con profitto dai colonizzatori bianchi “superiori”.

Nelle Filippine annesse dagli Stati Uniti un generale dà ordine esplicito di trasformare un villaggio in una “landa desolata” ricorrendo tra l’altro all’uccisione di tutti i maschi al disopra dei 10 anni.
Non si tratta di una semplice espressione di furore: “si tratta di far tesoro” dichiara il segretario degli Usa alla guerra “dei metodi che abbiamo sperimentato con successo nell’Ovest nelle nostre campagne contro gli indiani”.

Alla “guerra contro gli indiani” si richiama anche Hitler, nelle sue conversazioni a tavola, per legittimare e spiegare la guerra di sterminio da lui condotta contro gli “indigeni” dell’Europa orientale.

I militanti del movimento d’indipendenza algerino avevano capito molto bene il legame fra colonialismo e nazifascismo. Che cos’è quest’ultimo “se non il colonialismo in seno a paesi tradizionalmente colonialisti?”

Pensiamo anche al fascismo italiano. Mussolini nel dicembre 1934 dichiarava: L’Etiopia è l’ultimo lembo d’Africa che non ha padroni europei”. Si tratta di porre fine una volta per sempre a uno “pseudo Stato barbarico e negriero”.
Come nel caso del Congo, anche in quello dell’Etiopia la crociata civilizzatrice si rivela in realtà una guerra di sterminio (uso massiccio di gas asfissianti, massacri su larga scala della popolazione civile, campi di concentramento ecc.).
Gli indigeni rappresentano una riserva di lavoro servile altrimenti vengono eliminati o deportati.
Le politiche migratorie degli ultimi governi italiani a partire da quello attuale presentano sicuramente delle somiglianze.

Nella Repubblica di Salò l’appello ai giovani ad arruolarsi “affinché i negri, al servizio dell’Inghilterra, non contaminino il sacro suolo” della patria va di pari passo con la consegna degli ebrei ai nazisti e la collaborazione con il Terzo Reich per la “soluzione finale”.
Il laboratorio del Terzo Reich rinvia alla tradizione coloniale ovvero alla storia del trattamento inflitto ai “barbari”, nelle colonie e nella stessa metropoli, da parte di coloro che si autoproclamano rappresentanti esclusivi della civiltà. E con barbari non intendevano solo semiti, slavi, zingari, neri ma anche gialli.

Rosenberg nella sua ammirazione della segregazione razziale statunitense esprimeva il suo compiacimento per la “deportazione”, oltre che dei “negri” anche dei “gialli”. Era ancora in pieno vigore negli Usa l’Exclusion Act a danno dei cinesi, bersagliati dalle discriminazioni giuridiche e talvolta vittime di pogrom.

Continuare a lottare oggi contro ogni forma di colonialismo e di razzismo, a partire dal genocidio del popolo palestinese, è giusto e necessario.